Barry Devlin

Ottobre 2013

Reinventare la Business Intelligence

Di fronte al perdurare delle difficoltà economiche le aziende si trovano sempre più spesso in una condizione di paralisi decisionale. Non si può più fare affidamento sulle certezze del passato e gli approcci tradizionali si rivelano sorpassati. In questa situazione, nuove tecnologie e strumenti di Business Intelligence (BI) sembrano essere ancor più attraenti. Ma sono sufficienti per sfidare le nuove problematiche sollevate dalle discontinuità economiche? A questo proposito abbiamo analizzato una serie di recenti sviluppi tecnologici e siamo arrivati alla conclusione che all’interno delle aziende si sta aprendo un nuovo modo di considerare la BI, il Data Warehouse e, non ultimo, l’utilizzo delle informazioni nel senso più ampio del termine.
Per quasi due decenni, i database relazionali general purpose hanno rappresentato la tecnologia core del Data Warehousing e, dalla metà degli anni Novanta, sono diventati il punto di riferimento per la gestione delle informazioni. Tuttavia, negli ultimi anni, i progressi compiuti dall’hardware e dal software hanno contribuito a sviluppare una varietà di nuovi approcci: dalle appliance di Data Warehouse alle soluzioni di mobilità, dal Cloud all’analisi di grandi volumi di dati soggetti a crescite esponenziali (big data). Approcci che tendono a ridefinire le fondamenta della BI e a porre in discussione il futuro stesso dei database relazionali. È però facile essere sopraffatti dall’ondata di novità senza riuscire a comprendere quanto effettivamente esse possano contribuire alla generazione di concreti vantaggi. Tuttavia, se ragioniamo su alcune delle attuali tendenze, il futuro appare abbastanza chiaro.

L’approccio big data – La prima e ovvia tendenza è quella di sviluppare un approccio big data ai volumi e alla diversa tipologia di informazioni oggi utilizzate per supportare i processi decisionali. In base al “Digital Universe Study” di IDC, l’informazione non strutturata, o informazione soft, costituita da video, immagini e testo, sta evidenziando un tasso di crescita medio annua del 60%, mentre i dati strutturati di livello enterprise crescono a ritmi del 20%. I fornitori di database hanno risposto a quest’ultima tendenza rendendo disponibili tecnologie di parallel processing e di storage allo stato solido coniugando il tutto con logiche di compressione dei dati. Ciò ha permesso di ottenere un miglioramento sensibile sia in termini di gestione delle dimensioni che in termini di velocità di risposta. Ma ciò su cui più si è focalizzata l’attenzione è la crescita dei dati soft e la disponibilità di tecnologia non-database come MapReduce e Hadoop, soluzioni primariamente open source che corrispondono ad approcci programmatici a grandi volumi di dati che hanno riaperto e alimentato il vecchio dibattito tra modelli procedurali e dichiarativi per l’accesso ai dati.
Sebbene la crescita dell’informazione non possa determinare di per sé un miglioramento delle decisioni, è fuori di dubbio che gli utenti possano avere la possibilità di avere una rappresentazione del proprio mondo in un contesto più ampio e di più facile lettura. Considerato che le applicazioni big data si focalizzano solitamente sull’utilizzo del Web, o su insiemi di dati di tipo scientifico/ingegneristico, questa tipologia di approccio appare ideale per analisi o produzione di report one-off. La maggior parte delle attività di analisi sull’utilizzo di social media, come Twitter o Google, utilizzano queste tecniche per consentire rapide decisioni e ridurre errori in ambito di attività PR o nell’ambito dello sviluppo di nuovi prodotti.

Responsabilità e trasparenza – La seconda tendenza da tenere in considerazione è la crescente esigenza di responsabilità e trasparenza nel processo decisionale, in definitiva tutto ciò che rientra in quello che viene comunemente associato a termini come accountability a auditability dei dati. Esigenza emersa come risposta al collasso economico-finanziario del 2008, quando si rivelò in tutta evidenza che tale processo era molto lontano da una logica di trasparenza. Una tendenza che impone la produzione di un’informazione consistente e storicamente accurata che rimanda ai principi e alle pratiche di Data Warehousing. Di fronte a questo mutamento di scenario risulta evidente che grandi e diversificati volumi di dati non possono e non devono essere forzatamente trattati attraverso architetture tradizionali di Data Warehouse. L’informazione soft è per definizione unmodelled e racchiude contenuti di natura diversa: come può essere preparata per essere caricata nel Data Warehouse? Considerato che si tratta di volumi dell’ordine di terabyte, in alcuni casi di petabyte, ha senso memorizzare anche una sola copia dei dati originali?


Empowerment – La terza tendenza è l’empowerment. Mentre la BI diventa sempre più coerente con un approccio self service – che può essere attivato da una varietà di dispostivi personali, non ultimo il tablet, o da una qualche forma di Cloud computing – gli utenti possono esplorare liberamente informazioni rilevanti senza avvalersi della vecchia tecnologia. L’empowerment presenta però implicazioni simili a quelle suggerite in precedenza, ovvero tende a generare più copie di dati a livello di storage locale o Cloud. E tuttavia, nonostante il rischio di negativi effetti collaterali, empowerment e collaboration risultano essere i fattori di innovazione più decisivi per gli anni a venire.

Business Integrated Insight – Abbiamo quindi di fronte trend molto importanti e contraddittori. Con la crescente esigenza di raccolta di informazioni e il benefico innalzamento delle potenzialità di analisi esiste sempre la minaccia o rischio di ritrovarsi nel caos più totale. Come possiamo sapere qual è l’informazione più corretta o tempestiva da produrre? Quali sono le informazioni più affidabili o rilevanti? È quindi inevitabile che la governance sulla qualità e sulle discipline organizzative dei dati stia diventando di gran lunga prioritaria rispetto alla velocità ed efficacia dei tool da utilizzare.
Business Integrated Insight (BI2), così come descritto in una serie di articoli su B-eye-Network (www.b-eye-network.com/view/12760) e su Business Intelligence Journal (www.9sight.com/Beyond_Business_Intelligence_BI_Journal_2010.pdf), fornisce un framework per risolvere questi conflitti. Per alcuni la risposta avrà un sapore di sfida, poiché implica una visione più ampia dei dati aziendali, dei processi e delle persone coinvolte. In breve, implica l’abbattimento di tutte le barriere tra i diversi comparti aziendali così come la risoluzione delle barriere tra IT e business, portando tutti i singoli silos informativi all’interno di un unico store virtuale. Un’accezione, quest’ultima, di carattere fortemente strategico, in quanto presuppone che l’informazione continuerà a esistere negli archivi più appropriati a seconda del tipo e dell’utilizzo che se ne deve fare. Al cuore del virtual store deve esistere un insieme di informazioni gestibili, modellate e riconciliate. Questa informazione di tipo core, a differenza del Data Warehouse tradizionale, non viene vista come unica fonte dell’universo BI, ma è piuttosto il punto di riferimento che lega insieme le viste e il valore del business.
Le recenti innovazioni in termini di prestazioni dei database relazionali, così come del parallel processing e della tecnologia allo stato solido, insieme agli sviluppi dell’elaborazione distribuita e dello storage virtuale, abilitano la visione architetturale suggerita dalla Business Integrated Insight (BI2). Queste stesse tecnologie, così come i tool collaborativi e di social networking, stanno già innescando nuove applicazioni decisionali nell’ambito della dimensione business. E alcune tecnologie all’orizzonte, come database in-memory, modellazione di soft-information e Web semantico (Web 3.0) forniranno i tool necessari per compiere la transizione alla nuova architettura.
È bene però tenere presente che se gli sviluppi di queste tecnologie sono determinati dall’affermazione di architetture BI2, sarà espressamente richiesta una responsabilità a livello di organizzazione e di governance per consentire una corretta pianificazione, implementazione e utilizzo di questi nuovi approcci. In questo scenario l’informazione diventa una parte sempre più significativa dell’asset del business aziendale e l’organizzazione IT dovrà necessariamente assumere un ruolo marcatamente business oriented. Nelle organizzazioni in cui si metterà in atto una strategia di valorizzazione dell’informazione come sin qui descritta il Cio avrà potere e influenza alla stessa stregua del Cfo.
Si è spesso affermato che la BI giochi un ruolo fondamentale nei processi decisionali e, in alcuni casi, così realmente è stato. Per concludere possiamo affermare che l’integrazione della BI tradizionale con applicazioni big data, tecniche consolidate a livello di processo e approcci di lavoro collaborativo associati a un’architettura BI2 costituiranno il fondamento per ottenere vantaggi significativi a livello di business nei prossimi anni a venire.